Non si può parlare di giustizia e carceri senza parlare di droghe

di Riccardo Magi, Il Riformista, 6 giugno 2021

Non sono scandalizzato per la conversione garantista di Salvini, la convenienza e l’opportunismo sono elementi ricorrenti in politica con il loro portato di strumentalità e incoerenze, cambi di rotta e di opinioni. Il fatto politico è l’iniziativa referendaria e quella va valutata. Sorvoliamo sulla definizione del referendum come “stimolo” al Parlamento e sulle analisi dei posizionamenti interni ai partiti e alle coalizioni.

Salvini così vuole mangiarsi FI e mantenere nel centrodestra la propria egemonia insediata dalla Meloni? Bettini vuole mettere uno o due dita negli occhi a Letta? In altra sede potremmo divertirci a commentare la spregiudicatezza smemorata e incongruente di Salvini e quella tattico-pedagogica di Bettini. Benissimo se Salvini ha deciso di raccogliere le firme per modificare la legge Severino dopo aver approvato insieme al M5S la “spazza-corrotti” che equipara ai mafiosi i condannati per reati contro la pubblica amministrazione, benissimo se ha cambiato idea sulla riforma della prescrizione di Bonafede. Il punto davvero non è questo.

Il gioco lo conosciamo e ognuno può farsi la sua idea e il suo giudizio in base al quale decidere se firmare ai banchetti o se addirittura unirsi alla schiera dei vecchi e nuovi referendari. Personalmente firmerò e se utile aiuterò anche ad autenticare le firme per quanto credo che a questo giro, con le migliaia di amministratori locali della Lega, non sia un aiuto così prezioso come in altre iniziative referendarie silenziate e affossate proprio dagli ostacoli procedurali e burocratici alla raccolta delle sottoscrizioni.

Ricordo, per inciso, che a breve inizierà anche un’altra raccolta di firme promossa dall’Associazione Coscioni e da Radicali Italiani su un referendum volto ad abrogare la norma che impedisce l’eutanasia legale in Italia, su cui gli italiani hanno lo stesso diritto di essere informati e di esprimersi. Il punto dicevo, non è questo. Il punto è nella domanda: siamo certi che questi 6 referendum colgano nel segno?

Una parte dei quesiti sono di carattere ordinamentale e procedurale. Fermi tutti! Non ne sto sminuendo il valore. Le procedure sono anche la sostanza degli equilibri tra i poteri e le distorsioni del nostro sistema giudiziario e la sua crisi di credibilità e di efficienza nascono anche dalle procedure. Personalmente ho sottoscritto emendamenti e proposte con interventi analoghi a quelli individuati dai promotori dei referendum. Il quesito sulla legge Severino poi tocca, seppure in modo molto tranchant, un altro nodo che ha catalizzato e amplificato il giustizialismo negli ultimi venti anni contribuendo a inquinare la vita democratica.

Ma si può aprire un ampio dibattito sulla riforma della Giustizia come sta avvenendo in queste settimane – sulla scorta delle ipotesi formulate dal Governo o sulla scorta delle proposte referendarie – rimuovendo completamente dalla discussione il principale motivo per cui in Italia si finisce in carcere, cioè la violazione della legge sulle droghe? Nel nostro Paese più di un terzo dei detenuti sono in prigione per violazione del testo unico sugli stupefacenti, in altre parole senza la loro presenza e senza il 30% circa di nuovi ingressi in carcere ogni anno per lo stesso motivo non vi sarebbe sovraffollamento carcerario. Si può parlare di riforma della giustizia senza interrogarsi sulle scelte di politica criminale che determinano la parte più consistente del lavoro dei tribunali e delle forze di polizia? Lavoro in buona parte inutile se da trent’anni, pur avendo una delle normative più repressive in materia di stupefacenti, non si è ottenuta una diminuzione della circolazione delle sostanze, anzi.

La ministra Cartabia, fin dalla presentazione delle sue linee programmatiche, ha espresso la necessità che i fatti di lieve entità non abbiano come esito il carcere, ma va specificato che ciò deve valere anche per le violazioni di lieve entità della legge sugli stupefacenti che oggi comportano in 7 casi su 10 l’ingresso in carcere. Su questo punto specifico una mia proposta di legge, che garantirebbe un intervento minimo ma necessario e urgente di depenalizzazione, è all’esame in commissione Giustizia alla Camera, esame bloccato dal relatore leghista neogarantista che, anziché fare il relatore, rallenta i lavori e dietro la sua inerzia si nascondono tutte le altre forze politiche di questa infinita maggioranza.

Un dibattito sulla Giustizia che non affronti questi nodi è un dibattito monco e accettarlo significa operare una pericolosa rimozione della realtà, questa sì strumentale e non degna di una classe dirigente che, come sentiamo ripetere ogni giorno, ha la pretesa di confrontarsi con l’esigenza di riforme strutturali. Lo stesso si può dire delle vigenti norme sull’immigrazione che, caratterizzate da un intento repressivo, hanno impedito negli ultimi anni la possibilità permanente di regolarizzare cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale anche in presenza di un datore di lavoro pronto ad assumerli.

Questa, la Bossi-Fini, è l’altra norma criminogena che è urgente abrogare e superare, perché ha creato centinaia di migliaia di irregolari senza possibilità di inclusione spingendoli verso la marginalità e la criminalità (anche qui, circa il 30% dei detenuti) anche quando interi settori produttivi chiedevano di poter assumere lavoratori stranieri ma le norme lo impedivano. E le difficoltà nella finalizzazione della regolarizzazione straordinaria disposta l’estate scorsa dimostrano esattamente che servirebbe un meccanismo permanente di regolarizzazione su base individuale. Anche su questo in Parlamento è ferma in commissione la proposta di legge Ero straniero.

Dunque la domanda, cari democratici e liberali, garantisti e riformisti, progressisti e popolari, Pd, Italia Viva, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Leu e non è – e non può essere – perché non sposare i referendum di Salvini e del Partito Radicale.

La domanda è: perché non promuovere subito dei referendum che intervengano sulla legge sugli stupefacenti e sulla Bossi-Fini. Può “una sinistra innovativa democratica e libertaria” per usare le parole di Bettini, riprese ieri dal direttore Sansonetti, e possono le forze liberal democratiche autenticamente garantiste e riformatrici continuare a non affrontare con l’analisi e l’azione politica questi enormi temi sociali rimossi, che sono l’oggetto principale dell’azione penale e giudiziaria?

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