Violenze in carcere, il Garante dei detenuti: i pm hanno filmati anche più raccapriccianti

di Fabrizio Geremicca, Corriere del Mezzogiorno, 6 luglio 2021

I video diffusi mostrerebbero solo una parte delle violenze. Il ministro Lamorgese: “Non si possono guardare”. Ciambriello e i colleghi denunciano il trasferimento dei detenuti picchiati a centinaia di km di distanza. Il provveditore sospeso non risponde al Gip.

Dal penitenziario di Santa Maria Capua Vetere all’Ucciardone di Palermo. Lontano dalla famiglia, che vive a Boscotrecase, e dal lavoro in carcere che portava avanti da nove anni. E’ la storia di uno dei trentadue reclusi che in questi giorni sono stati smistati fuori regione. Persone che hanno subito il pestaggio il 6 aprile 2020 documentato dalle immagini delle telecamere di sorveglianza ed al centro della inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere.

“Vogliamo capire – ha detto stamane Samuele Ciambriello, il garante dei detenuti della Campania – come e perché sia nata questa scelta. Insieme ai garanti provinciali ho interpellato il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il Dap, e la risposta è stata che il trasferimento avviene su richiesta della Procura. Il punto, però, è capire perché poi il Dap abbia deciso di spostare queste persone non in altri penitenziari campani, ma a centinaia e centinaia di chilometri di distanza, dove le visite dei familiari sono complicate e costose”.

Sta per partire una lettera, dunque, nella quale Ciambriello e gli altri garanti (Emanuela Belcuore per la provincia di Caserta, Pietro Ioia per Napoli, Carlo Mele per Avellino) chiederanno al Dap di limitare i trasferimenti dei detenuti nell’ambito dei penitenziari regionali. “I trentadue oggetto dei provvedimenti – ha spiegato Ciambriello – non sono tra quelli che hanno denunciato il pestaggio, ma sono tutte persone che hanno subito le violenze degli agenti penitenziari ed è paradossale che oggi siano in qualche modo ulteriormente danneggiate da provvedimenti che li mandano in carceri fuori regione”.

L’inchiesta sulla mattanza operata da un gruppo di agenti penitenziari, intanto, va avanti e, secondo quanto ha detto il garante dei detenuti campani, le immagini pubblicate dal quotidiano Il Domani, le quali hanno mostrato a milioni di persone le violenze, i pestaggi e le umiliazioni inferte ai reclusi a Santa Maria Capua Vetere ad aprile 2020 non sarebbero neppure le peggiori. “Ce ne sono – ha rivelato – di più raccapriccianti e sono in possesso esclusivo della Procura. Sono relative a quanto avvenuto anche in altri settori del reparto Nilo”.

Ciambriello e Belcuore hanno stigmatizzato anche il silenzio su quanto accaduto protrattosi per molti mesi da parte degli esponenti della politica. “C’è un clima forcaiolo – ha denunciato il garante – e nei giorni successivi al pestaggio, quando la notizia della mia denuncia fu riportata da qualche giornale e sito, l’unico rappresentante della politica a parlare fu Salvini. Cosa disse, lo ricorderete tutti”.

Santa Maria Capua Vetere, hanno sottolineato Belcuore, Ioia e Ciambriello, non rappresenta, peraltro, un caso isolato. “In questo momento – hanno ricordato – in Italia sei Procure indagano su episodi di presunte violenze nelle carceri. Ci sono stati inoltre – non dimentichiamolo – 15 morti durante le proteste e le rivolte della primavera 2020”. Ufficialmente sono deceduti tutti per overdose.

Belcuore ha invitato, ancora, ad accendere i riflettori su situazioni segnalatele dalle famiglie di detenuti campani reclusi nell’ex opg di Barcellona Pozzo Di Gotto, in Sicilia. “Parlano – ha detto ai cronisti – di maltrattamenti, violenze, diritti negati e mortificati. Ho segnalato il caso al garante dei detenuti siciliano il quale, mi auguro, approfondirà la vicenda per verificare cosa sta accadendo in quel penitenziario”.

Lamorgese: “Scene che non avrei voluto vedere” – Quelle immagini dal carcere di Santa Maria Capua Vetere “non avrei mai voluto vederle”. Così il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese intervenuta a Trentola Ducenta per l’inaugurazione della mostra fotografica “Diego Armando Maradona, il riscatto sociale attraverso lo sport” in un bene confiscato ai clan casalesi.

“Su questa vicenda – aggiunge il ministro – le indagini della magistratura faranno il proprio corso, però bisogna anche dire che non possiamo criminalizzare un intero corpo della Polizia Penitenziaria”.

Il gip: “Violenze non sono episodio isolato” – Un rapporto tra agenti e carcerati, fatto di violenza, è “inaccettabile” in uno Stato di Diritto, evidenzia il gip sammaritano Sergio Enea, rimasto particolarmente colpito dalla “assoluta naturalezza e mancanza di ogni forma di titubanza con cui gli indagati hanno sistematicamente malmenato le vittime”.

La si evincerebbe dai video acquisiti durante l’indagine, che si è pure tentato di alterare nell’ambito dell’azione di depistaggio scattata per nascondere quella che sarebbe dovuta essere “una perquisizione straordinaria”. Enea ritiene che se si fosse trattato di un episodio del tutto isolato sarebbe stato “lecito attendersi che gli agenti mostrassero quantomeno una qualche esitazione”.

“Ma ciò – scrive, lapidario, il giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – non traspare nel modo più assoluto”, “…nei loro gesti non c’è mai quella esitazione che inevitabilmente avrebbe manifestato anche visivamente colui che non è affatto aduso al compimento di atti di estrema violenza”. E che la violenza sia percepita dagli agenti “come un presidio di sicurezza essenziale” lo si deduce pure, sottolinea Enea, dall’analisi dei messaggi in chat trovati sui cellulari sequestrati agli indagati.

In uno, inviato la notte tra il 5 e il 6 aprile, quella seguente alla protesta dei carcerati innescata dalle preoccupazioni per i contagi Covid, un caso peraltro scoperto attraverso i media, c’è tutta la delusione degli agenti della Penitenziaria, manifestata dal comandante al provveditore: “Il personale di S.M.C.V. è molto deluso” e ancora “si sono raccolti per contestare l’operato del comandante”. Insoddisfazione alla quale fanno da contraltare le esclamazioni di giubilo, sempre in chat, sia immediatamente prima, sia dopo la perquisizione straordinaria giudicata come “un completo successo”.

“Allora apposto domani chiave e piccone in mano”, “ok domate il bestiame” e “abbiamo ristabilito l’ordine e la disciplina”. E ciò “che agli occhi del cittadino comune appare una orribile mattanza”, per la Polizia Penitenziaria diviene “una operazione eseguita in modo brillante ed efficace” e “coloro che l’hanno diretta sul campo si sono ampiamente vantati con i loro interlocutori”.

Il giudice, infatti, stigmatizza il comportamento dei vertici dell’amministrazione penitenziaria regionale “da cui era lecito aspettarsi quantomeno la volontà di fare luce in ordine ai gravi episodi denunciati dai detenuti” e invece “si sono, fin da subito, adoperati per salvaguardare in ogni modo la posizione” di coloro che sono “implicati nelle violenze, rendendosi disponibili… al confezionamento di atti falsificati da inoltrare all’Autorità Giudiziaria”.

Gli interrogatori, il provveditore fa scena muta – Si è avvalso della facoltà di non rispondere il provveditore delle carceri campane sospeso dal servizio Antonio Fullone, che questa mattina si è presentato al gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Sergio Enea per l’interrogatorio di garanzia. Fullone è stato raggiunto dalla misura interdittiva della sospensione dell’attività di lavoro emessa dallo stesso Gip nell’ambito dell’indagine della Procura e ha poi ricevuto la sospensione amministrativa anche dal ministero della Giustizia (al suo posto c’è ora il reggente Cantone).

Fullone, indagato per depistaggio e favoreggiamento (è difeso da Sabina Coppola), non ha risposto alle domande del Gip, così come quasi tutti gli agenti della Penitenziaria raggiunti dalle misure restrittive e interdittive sentiti nei giorni scorsi, limitandosi a rendere una dichiarazione spontanea in cui ha respinto le contestazioni, e ha spiegato di voler rispondere solo dopo aver letto e studiato tutti gli atti. Per la Procura, Fullone avrebbe autorizzato la “perquisizione straordinaria” del 6 aprile 2020 al reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, ritenuta “arbitraria” dal gip, e realizzata, a detta degli inquirenti, per punizione e rappresaglia dopo quanto accaduto il giorno prima, quando i detenuti del Nilo si barricarono nel reparto dopo aver avuto notizia della positività al Covid di un detenuto. Fullone è anche accusato di depistaggio, di aver ostacolato le indagini. Nella giornata di oggi sono stati sentiti anche altri agenti della Penitenziaria indagati finiti agli arresti, che pure si sono avvalsi della facoltà di non rispondere rendendo dichiarazioni spontanee in cui hanno respinto le accuse senza entrare nel merito.

L’ispezione e i sindacati – La commissione che si occuperà dell’ispezione straordinaria nell’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere sarà presieduta da Gianfranco De Gesu, direttore generale dei detenuti e del trattamento del Dap. La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che ha già parlato di “tradimento” del dettato costituzionale, oggi dice: “Mi chiedo come sia possibile che siano accaduti fatti così gravi e di grande turbamento per tutti”, ma rinnova anche “la vicinanza a tutto il personale delle carceri italiane, il loro lavoro è tanto prezioso quanto difficile”. Prima dei provveditori Cartabia incontrerà a breve i sindacati che oggi, col segretario generale del S.Pp. (Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo, parlano di “clima di autentica caccia alle streghe”. Di Giacomo ripete l’appello “a spezzare la campagna di opinione che vorrebbe far credere agli italiani che gli uomini e delle donne del Corpo siano tutti crudeli e disumani”.

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