Università, i mille che studiano in carcere

di Corrado Zunino, La Repubblica, 11 maggio 2021

I tre anni della Cnupp: coinvolti 32 atenei e 82 istituti penitenziari. Ventuno studenti sono in regime di 41 bis e sessantaquattro recluse sono donne. Il professor Simonetta (Statale): “Cento esami anche durante la pandemia”. Da tre anni l’università italiana, trentadue atenei dell’università italiana, entra nelle carceri del Paese. In ottantadue carceri. E offre una prospettiva di riemersione alla vita – è l’ultimo bilancio, dell’anno accademico in corso – a 1.034 persone. Sono gli studenti detenuti, ventuno di loro studiano in regime di 41 bis, il più duro.

La Conferenza nazionale universitaria dei poli penitenziari (la Cnupp, istituita tre anni fa dalla Conferenza dei rettori) alla fine del primo mandato offre un riassunto dell’attività svolta, che trova le radici nei primi esperimenti di studio universitario in carcere realizzati a Torino all’inizio degli Anni Novanta. Venerdì scorso il seminario “Il diritto agli studi universitari in carcere” ha accompagnato questo racconto.

Sono 109 gli studenti detenuti (il 10,5 per cento) in regime di esecuzione penale esterno. Le studentesse sono in tutto 64, il 6,2 per cento del totale. Negli ultimi tre anni nel circuito sono entrati cinque nuovi atenei e si sono iscritti 238 studenti (+29,9 per cento). I dipartimenti impegnati sono 196. L’87 per cento degli universitari in carcere insegue una laurea triennale, il 13 per cento una magistrale. Le aree disciplinari più frequentate sono quella politico-sociale (25,4 per cento), seguita dall’area artistico-letteraria (18,6), l’area giuridica (15,1), l’area agronomico-ambientale (13,7), l’area psico-pedagogica (7,4), l’area storico-filosofica (7,3), l’area economica (6,5).

Quando uno studente detenuto deve essere trasferito in un altro carcere, la Cnupp si attiva per il parallelo trasferimento di ateneo. Si stanno sperimentando, ancora, possibilità di Didattica a distanza, a prescindere dalla pandemia. Solo l’Università Statale di Milano vede 103 studenti detenuti iscritti, il dieci per cento del totale nazionale, e sessanta studenti tutor ad affiancarli nella preparazione degli esami. Da sei stagioni la Statale entra nelle case di reclusione di Milano-Bollate e Milano-Opera, nella casa circondariale di San Vittore e nel carcere minorile Cesare Beccaria.

Stefano Simonetta, docente di Storia della Filosofia e referente di Ateneo per il sostegno allo studio universitario delle persone sottoposte a misure restrittive, spiega: “C’è grande soddisfazione per i risultati raggiunti. Quando siamo partiti, gli studenti ristretti iscritti da noi erano appena cinque. Nonostante l’anno di pandemia, nel 2020 ottanta universitari hanno dato cento esami”. Insieme con l’Università di Milano-Bicocca e l’Università Bocconi, la Statale ogni anno organizza a giugno un open day nel carcere di Opera.

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