Rieducazione fuori cella

Lo evidenzia il V Rapporto Antigone sugli Istituti penali minorili. Al 31 gennaio solo 379 i minor i detenuti

di Marzia Paolucci – ITALIA OGGI SETTE 02/03/2020

Al 31 gennaio 2020, sono solo 379 i minori e i giovani adulti presenti nei 17 Istituti penali minorili su 13.500 totali in carico al sistema penale. Il più sono misure alternative al carcere: un traguardo importante che la giustizia minorile rivendica rispetto al circuito penale degli adulti in occasione del V Rapporto di Antigone sugli Ipm-Istituti penali minorili a un anno di distanza dal nuovo ordinamento penitenziario minorile arrivato dopo 40 anni di attesa. Ma le linee guida sono uscite solo un mese fa, segno che molto resta ancora da fare per Susanna Marietti, coordinatrice nazionale Antigone e responsabile dell’Osservatorio minorile dell’Associazione che immagina il futuro degli Istituti dove diventino la regola quelle che ora sono le eccezioni: sezioni a custodia attenuata disciplinate dall’articolo 21 dell’Ordinamento. Dovrebbero ospitare detenuti che non presentano rilevanti profili di pericolosità o vicini alle dimissioni e ammessi allo svolgimento di attività all’esterno con spazi organizzati di autonomia nella gestione della vita personale e comunitaria.

«Credo», ragiona Marietti con ItaliaOggi Sette, «che anche laddove sussista ancora il regime detentivo, le sezioni a custodia attenuata previste per i detenuti “facili” in alternativa al regime detentivo ordinario, possano rappresentare con il tempo à unico modello detentivo del sistema, aperto verso l’esterno e in collegamento con le scuole di istruzione e formazione professionale». Il rap porto presentato al pubblico il 21 febbraio scorso presso la Comunità di accoglienza Borgo Amigó intitolata al suo fondatore Monsignor Luis Amigó fondata e coordinata dal 1995 da Padre Gaetano della Congregazione dei Religiosi Terziari Cappuccini dell’Addolorata con trentasei anni di esperienza da cappellano all’Ipm di Casal del Marmo a Roma. Un punto di riferimento per i ragazzi sottoposti alle misure alternative al carcere.

I numeri del circuito penale minorile. «Un sistema sottodimensionato che certo non soffre di sovraffollamento visti i 540 posti complessivi nei 17 istituti penitenziari italiani», per Gemma Tuccillo, capo dipartimento della giustizia minorile e di comunità. «Una ragione in più», dichiara il magistrato a ItaliaOggi Sette, «per realizzare quelle previsioni migliorative della vita detentiva previste dall’Ordinamento penale minorile entrato in vigore l’anno scorso». Il 70% degli imputati sono italiani, la maggioranza ha tra i 18 e i 20 anni e solo il 7% ha una un’età compresa tra i 14 e i 15 anni. I reati contro la persona riguardano solo il 17% di chi entra negli Ipm, gli omicidi calano del 50%, furti e rapine del 15%, aumentano invece i minori segnalati per associazione di tipo mafioso: 95 nel 2018 contro i 49 di quattro anni prima. Il rinvio a giudizio è richiesto dal pm nel 37% dei casi, mentre la richiesta al giudice di pronunciarsi nel corso delle indagini preliminari con sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto copre il 22% dei casi, nel 12% dei casi, l’archiviazione è proposta dal pm per non imputabilità o per mancanza di condizioni di procedibilità come il ritiro o la presentazione oltretermine di una querela. Soddisfazione per i 2.382 casi di messa alla prova del primo semestre 2019 che ha dato risultati positivi a cominciare dall’estinzione del reato nell’82% dei casi.

Le comunità di accoglienza. I ragazzi arrivano nelle comunità attraverso misure cautelari o alternative al carcere. In dieci anni la realtà ha raddoppiato la propria presenza nel settore anche grazie al numero esponenziale di ragazzi che accolgono. Al 15 gennaio scorso i ragazzi in comunità erano 1104, un numero largamente superiore rispetto alle poche centinaia degli Ipm e il 20% di questi mille, è al centro di un progetto di messa alla prova. La comunità Borgo Amigó a Casalotti diretta dalla presenza rassicurante di Padre Gaetano, ospita ragazzi italiani e stranieri dai 14 ai 25 anni che escono per andare a scuola, a corsi professionali, giocano nei campi di calcio coperti a cinque e a otto e soprattutto sperimentano nei due plessi, uno destinato ai più piccoli e l’altro ai più grandi, la normalità di una famiglia che in molti casi gli è mancata prima, durante l’infanzia e poi in carcere. Tra le attività appena terminate anche un corso Caritas per agricoltori con messa a dimora di colture invernali ed estive nei tré ettari di terreno della Casa sotto la direzione di un agronomo. «Qui il principio è educare alla libertà attraverso la libertà», racconta con entusiasmo un volontario.

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