Riccardo Polidoro: “Il principio dell’extrema ratio viene troppe volte aggirato”

di Valentina Stella, Il Dubbio, 28 giugno 2021

“Sarebbe auspicabile una riforma che ponga limiti invalicabili a tutela della libertà dell’individuo”. Per Riccardo Polidoro, co-responsabile Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali italiane “nella totale inerzia del Parlamento in tema di Giustizia, una proposta che pone limiti all’applicazione della custodia cautelare in carcere è sempre benvenuta”.

Avvocato è d’accordo con il quesito promosso da Lega e Partito Radicale e perché?

Più che essere d’accordo, direi meglio di niente! Nella totale inerzia del Parlamento in tema di Giustizia, una proposta che pone limiti all’applicazione della custodia cautelare in carcere è sempre benvenuta. Ha già raggiunto un primo scopo, quello di riaccendere i riflettori sull’uso troppo frequente della misura che, spesso, agli occhi dell’opinione pubblica rappresenta una vera e propria sentenza di condanna. È una battaglia che l’Unione Camere Penali Italiane porta avanti da sempre e che, in passato, ha dato i suoi frutti. Ricordo l’inserimento del concetto di “attualità” dell’esigenza cautelare, che non può inoltre essere desunto esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede. Il principio dell’extrema ratio, più volte indicato dal legislatore, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, viene troppe volte aggirato. Il tema non è la norma – l’articolo 274 ha subìto, come detto, varie modifiche negli ultimi tempi – ma la questione credo sia culturale. La proposta di riforma andrebbe a modificare la sola lettera c) dell’articolo 274 del Codice di Procedura Penale, nella parte che prevede la misura nei casi in cui vi sia pericolo che vengano commessi reati della stessa specie. Tale ipotesi, ad eccezione per gravi delitti, verrebbe meno. Restano comunque ampi spazi di discrezionalità del magistrato, con il venir meno dei limiti di pena. Sarebbe auspicabile una riforma organica dell’istituto, che possa realmente porre invalicabili limiti a tutela della libertà dell’individuo.

Nel nostro Paese esiste l’abuso della custodia cautelare?

Come si potrebbe negare! Da tempo i detenuti, senza una condanna definitiva, costituiscono circa il 30% dei ristretti. Se a questo dato si aggiunge quello delle ingiuste detenzioni – l’ultima statistica fa riferimento a circa 1.000 in un anno, quindi circa 3 al giorno, tenendo conto solo di coloro che hanno chiesto il risarcimento – si comprende che il ricorso alla custodia cautelare, molte volte rappresenta un vero e proprio abuso.

L’Anm nel comunicato di domenica scrive “Analoga preoccupazione desta il quesito sul delicato tema della custodia cautelare, presidio avanzato di tutela della sicurezza collettiva”. Che ne pensa di questa obiezione?

La reazione dell’Anm non smentisce l’atteggiamento che l’associazione ha nei confronti della Giustizia. Alcuni magistrati – non tutti – ritengono che la loro è l’unica categoria in grado di poter esercitare il potere di riforma. In parte ciò in pratica avviene se si pensa al numero di magistrati fuori ruolo che occupano posti chiave nel ministero della Giustizia. Sono le statistiche, come già detto, a smentire le preoccupazioni dell’Anm: la tutela della sicurezza collettiva, non può essere esercitata a scapito della libertà individuale.

La custodia cautelare non viene affrontata dalle riforme governative. Dunque ben venga il referendum?

La materia in esame ha ad oggetto diritti assoluti e fondamentali che, in un Paese civile sarebbero messi immediatamente all’ordine del giorno nel dibattito parlamentare. Invero, credo che il quesito sulla custodia cautelare non sia un tema referendario sia per ragioni tecniche, sia perché facilmente strumentalizzabile da oppositori alla riforma, che possono sfruttare la presunta esigenza di sicurezza invocata dalla popolazione. Comunque, come già detto, è già importante che se ne parli.

In generale che parere dà del dibattito che si è creato intorno al referendum?

Ripeto già il dibattito costituisce l’occasione per coinvolgere l’opinione pubblica sui temi, ormai urgentissimi, della giustizia penale, della crisi della magistratura, della difesa dei valori costituzionali del giusto processo, della presunzione d’innocenza e della difesa del bene più grande che abbiamo, la libertà. La strada referendaria è lunga e piena d’insidie. L’iniziativa dell’Unione delle Camere Penali italiane, sottoscritta da 75.000 cittadini, per la separazione delle carriere in magistratura, pende ancora avanti la Commissione Affari Costituzionali della Camera, nonostante il tempo trascorso. I tempi delle riforme sono troppo lunghi e, a volte, si può pensare che vi sia una volontà anestetizzante.

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