“Retribuzione non adeguata per il lavoro svolto in carcere”

Corriere Salentino, 14 giugno 2021

Detenuto vince ricorso e ottiene risarcimento. Nel periodo di detenzione trascorso nel carcere di Lecce ha lavorato come barbiere, inserviente in cucina, aiuto cuciniere e cuciniere, ma reputava di non aver percepito una somma adeguata al lavoro svolto e alle sue mansioni. Così ha presentato ricorso contro il Ministero della Giustizia, riuscendo a spuntarla.

Il giudice del lavoro del Tribunale di Lecce, Maria Immacolata Stapane, ha condannato il Ministero al pagamento dell’importo dovuto ad un 56enne, detenuto nella casa circondariale di Borgo San Nicola. All’interno della struttura, durante il periodo di detenzione, l’uomo aveva lavorato svolgendo varie mansioni nel periodo compreso tra il novembre 2006 e settembre 2010, percependo il pagamento di stipendio con regolare busta paga.

Nel confrontare le cifre percepite con quelle previste dai CCNL di categoria, però, è emerso che lo stipendio ricevuto fosse inferiore a quello dovuto. Per questo motivo, l’uomo, tramite il suo avvocato Selene Mariano, ha deciso di fare ricorso al giudice competente in materia, chiedendo al Ministero della Giustizia il pagamento di una somma di oltre 23mila euro per compensare quanto non gli fosse stato concesso, tra differenze retributive e contributive e altre spese.

Il Ministero, tramite l’avvocato dello Stato, Antonella Roberti, ha risposto chiedendo che il ricorso venisse respinto in via preliminare in quanto si fossero superati i termini relativi al periodo di prescrizione. Il giudice, però, ha rigettato questa motivazione, perché ha ritenuto che la richiesta sia stata presentata entro i termini quinquennali dalla cessazione del rapporto di lavoro, e, valutando tutti gli elementi del caso specifico e le memorie presentate dal detenuto, ha ritenuto di accogliere il ricorso di quest’ultimo ricalcolando la cifra dovuta.

Nella sentenza, infatti, il Ministero è stato condannato a pagare una cifra di 7.537,44 euro, che compensano le differenze retributive e anche quelle relative al Tfr riscontrate, oltre alla valutazione monetaria o gli interessi legali, fino a quando non sarà regolarizzata anche la posizione contributiva. A queste si aggiunge anche il pagamento delle spese legali, quantificate nella somma di 2mila euro.

I commenti sono chiusi, ma trackbacks e pingbacks sono aperti.