Più coraggio e riforme, così si salva il diritto dalla deriva populista

di Samuele Ciambriello*, Il Riformista, 9 giugno 2021

La riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, la revisione della giustizia penale e di quella del civile per accedere ai fondi del Next Generation Eu, necessitano di audacia che contrasti i pregiudizi del rito mediatico e il fenomeno del populismo giudiziario. Sono interventi urgenti e improcrastinabili perché qualcosa si è guastato nel rapporto fiduciario magistratura-cittadini. Stavolta ce lo chiede l’Europa, non è una dichiarazione preconfezionata dalla politica.

Sulla giustizia, sul carcere dal volto umano e sul giusto processo la riforma della ministra della Giustizia Marta Cartabia può archiviare populismo e giustizialismo. Come? Con una riforma urgente, grazie al contributo di tecnologia e più personale, alla mobilitazione di più risorse finanziarie e investimenti sul capitale umano, date le lacune nell’organico dei magistrati e del personale amministrativo.

Vi deve poi essere spazio per le forme alternative di giustizia. In una espressione: meno carcere. Punire non vuol dire necessariamente sbattere in galera e spesso innocentemente, come ci dicono i dati. Si deve ricorrere a pene alternative al carcere. L’Italia è l’unico Paese europeo dove, a proposito della pena da scontare, si usa il singolare: “carcere”. In tutta Europa si usa il plurale, “pene”, e si ricorre alla detenzione solo in casi estremi. Devono essere incrementate le misure alternative al carcere. E poi ancora lo spinoso problema: i magistrati, dopo una esperienza politica, potranno tornare a indossare la toga? E poi il tema del sovraffollamento delle carceri.

Lì si è chiusi, invisibili al mondo di fuori, che giudica e condanna, sorvegliati e spiati nell’universo di dentro, rimossi, emarginati. Quando si potrà parlare di indulto e amnistia? Le questioni non sono facili, ma sono chiare e concrete. È un tema sensibile per la politica italiana. Poiché non esistono soluzioni semplici a problemi complessi, nel caso della giustizia. Ci vogliono risposte che partano dalla normativa costituzionale ed europea. Insomma l’approdo finale dovrebbe essere aderente allo spirito di uno ius commune europeo.

Il sano pragmatismo della ministra Cartabia saprà tener fuori dalla porta i referendum sulla giustizia proposti dai Radicali e utilizzati da Salvini come strumenti per fare lotta politica? Una cosa è certa: non bisogna dimenticare che la giustizia incide su aspetti fondamentali della persona e della sua dignità.

In tale scenario, l’emergenza sanitaria causata dal Covid ha rappresentato un momento di crisi del percorso di trattamento in termini di diminuzione di visite, permessi e opportunità di istruzione, formazione e inserimento lavorativo, ma al contempo può caratterizzarsi come un momento di cambiamento, per esempio per il pianeta sanità nelle carceri.

Ad oggi i detenuti vaccinati in Campania sono 5.278 su 6.388, ma i medici specialistici presenti nei penitenziari campani non sono sufficienti ad accogliere tutte le richieste sanitarie dei ristretti e non sempre garantiscono una copertura h24. Sono 13 anni che la sanità è regionale: è giunto il momento di stabilizzare gli operatori sanitari che operano in tali luoghi.

Ciò che emerge è un mondo spesso dimenticato, a volte rimosso, forse considerato marginale ma che rappresenta lo specchio dei vizi e delle virtù della nostra società. Quella dei luoghi di privazione della libertà personale, nomina una comunità dolente, che accomuna agenti, operatori e ristretti, spesso in grado d’insegnare a chi sta fuori senso di sacrificio, responsabilità e speranza di riscatto. La giustizia dev’essere in grado di bilanciare le esigenze di tutti: una cura che salvi insieme recluso e città.

*Garante dei diritti dei detenuti della Ragione Campania

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