Piano Cartabia: meno carcere e più sanzioni sostitutive

di Giovanni Negri, Il Sole 24 Ore, 16 luglio 2021

Revisione e potenziamento del sistema delle pene sostitutive, estensione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, allargamento della messa alla prova, restituzione di effettività delle pene pecuniarie. Quella cristallizzata negli emendamenti alla legge delega sul processo penale, da poco depositati alla Camera dalla ministra Marta Cartabia, non è una riforma dell’ordinamento penitenziario, quanto piuttosto una riscrittura del sistema sanzionatorio.

Nel dettaglio, sinora chi riporta una condanna entro i 4 anni di pena detentiva può chiedere, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, entro 30 giorni dalla sospensione dell’ordine di carcerazione, una misura alternativa alla detenzione (semilibertà, domiciliari, affidamento in prova ai servizi sociali). Oggi, in attesa del giudizio del magistrato di sorveglianza, il condannato non va in carcere, ma neanche inizia a scontare la pena alternativa. È la condizione dei cosiddetti “liberi sospesi”.

Per evitare questa situazione di limbo, con la riforma si trasformano alcune misure alternative, attualmente di competenza del Tribunale di Sorveglianza, in sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, direttamente irrogabili dal giudice della cognizione. In questo modo, si dà anche maggiore effettività all’esecuzione della pena. Le pene sostitutive sono delle vere e proprie pene, anche se non comportano la detenzione in carcere: semilibertà, detenzione domiciliare, lavori di pubblica utilità e pene pecuniarie. Si tratta di pene non sospendibili.

Dalla lista attuale si aboliscono la semidetenzione e la libertà controllata, di fatto del tutto insignificanti quanto a loro utilizzo complessivo, come testimoniano i dati. Si porta da sei mesi a un anno di pena inflitta il limite di pena detentiva sostituibile con la pena pecuniaria; si prevede che la pena fino a tre anni possa essere sostituita con il lavoro di pubblica utilità; si prevede che la pena fino a quattro anni possa essere sostituita con la semilibertà o con la detenzione domiciliare applicate a titolo di pene sostitutive dal giudice di cognizione.

Quanto alla pena pecuniaria sostitutiva della detenzione fino a un anno, a essere rivisti dovranno essere anche gli importi, tenuto conto dei paradossi del sistema attuale che hanno condotto a un’eccessiva onerosità: cruciale è stato l’aumento da 38 a 250 euro per ogni giorno di pena detentiva dell’ammontare minimo della quota giornaliera. Un mese di pena detentiva deve essere sostituito con almeno 7.500 €; sei mesi con almeno 45.000 euro. Una criticità che è stata colta di recente anche dalla Corte costituzionale che ha sottolineato, sentenza n. 15 del 2020, come l’attuale valore giornaliero minimo rende nei fatti la sostituzione della pena “un privilegio per i soli condannati abbienti”. La riforma Cartabia invita alla determinazione di un minimo diverso e di un massimo non superiore a 2.500 euro; in 250 euro giornalieri in caso di sostituzione della pena detentiva con decreto penale di condanna.

Per quanto riguarda la causa di non punibilità per tenuità del fatto, al posto del limite di pena non superiore nel massimo a 5 anni si allarga il perimetro a tutti i reati puniti con minimo detentivo non superiore a 2 anni. Sulla messa alla prova, gli emendamenti estendono l’ambito di applicabilità a specifici reati, puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a sei anni, che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori. Si prevede inoltre che la richiesta di messa alla prova dell’imputato possa essere proposta anche dal pubblico ministero.

Da rivedere infine tutto il sistema delle pene pecuniarie, anche se non è stata accolta la proposta della commissione Lattanzi dell’introduzione delle quote, partendo dal fatto che la percentuale attuale di esecuzione è bassissima: oscilla costantemente (2015-2018) tra l’1% e il 2%, con una perdita annuale per l’erario di oltre un miliardo di euro.

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