Perché migliaia di persone sono in carcere anche se potrebbero uscire con misure alternative?

di Tommaso Coluzzi, fanpage.it, 23 giugno 2021

Secondo il Garante delle persone private della libertà personale molti detenuti che potrebbero usufruire di misure alternative al carcere “spesso perché privi di fissa dimora”. Circa un terzo dei 53mila detenuti che sono in carcere in Italia hanno un residuo di pena inferiore ai tre anni. Nella sua relazione annuale, Palma richiama all’attenzione del Parlamento il tema dei luoghi della privazione della libertà che “non sono altro, ma ci appartengono”.

Ieri il Garante delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, ha presentato la sua relazione annuale alla Camera dei deputati. Tra i tanti numeri elencati e i pensieri espressi, ce ne sono alcuni che più di altri fanno riflettere: “Il tempo dell’esecuzione non sia mera sottrazione di tempo vitale con carattere deterrente o retributivo – ha ricordato Palma – o ancor meno tempo ‘vuoto’, ma tempo da spendere in un concreto indirizzo verso tale finalità”. Il Garante dei detenuti ha richiamato l’attenzione sul fatto che “il mondo dei luoghi della privazione della libertà non è luogo ‘altro’, ci appartiene”, insistendo che muri e cancelli “mai devono costituire una separazione sociale e concettuale e diminuire il riconoscimento della specifica vulnerabilità che li abita”.

Secondo i numeri illustrati da Palma nella sua relazione attualmente nelle carceri italiane ci sono 53.661 detenuti, contro i 47.445 posti disponibili. Due aspetti vanno considerati, scrive il Garante: “Innanzitutto la presenza di più di un terzo di persone detenute che hanno una previsione di rimanere in carcere per meno di tre anni”, ovvero più di quindicimila persone, e “ben 1.212 sono quelle che sono state condannate a una pena inferiore a un anno”. Secondo Palma tutto questo dà “un’immagine plastica della fragilità sociale che connota gran parte della popolazione detenuta, perché indica coloro che non accedono a misure che il nostro ordinamento prevede, spesso anche perché privi di fissa dimora”.

Per questo motivo, secondo quanto spiegato dal Garante, i detenuti restano in carcere anche quando avrebbero diritto a misure alternative. Spesso perché non saprebbero dove andare. “Non solo – ha continuato Palma – così rendono soltanto enunciativa la finalità tendenziale alla rieducazione, perché nessun progetto può essere attuato per periodi così brevi e spesso il tempo della detenzione diviene così soltanto tempo di vita sottratto, peraltro destinato a ripetersi sequenzialmente”.

La reazione del presidente della Camera, Roberto Fico, dopo l’illustrazione della relazione del Garante dei detenuti, è stata subito netta: “Resto convinto dell’esigenza di apprestare soluzioni strutturali al problema del sovraffollamento carcerario che attualmente si configura per i detenuti come una pena aggiuntiva rispetto a quella cui sono stati condannati – ha spiegato il pentastellato – Credo che il Parlamento debba valutare con attenzione, per un verso, interventi legislativi che consentano la riduzione della popolazione carceraria, favorendo in particolare il ricorso a misure alternative”.

Secondo Fico la pandemia di Covid ha confermato “le gravissime carenze strutturali, igieniche, organizzative del sistema penitenziario italiano, non compatibili con la dignità della persona e il fine rieducativo della pena”. Il presidente della Camera si è concentrato soprattutto sui detenuti più giovani, spiegando di aver dato vita in questa legislatura ad un’iniziativa specifica “con la realizzazione di un programma di sviluppo dell’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza e della conoscenza della Costituzione nelle carceri minorili e nelle scuole”.

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