Le Rsa non possono diventare luoghi di internamento

di Mauro Palma*, La Stampa, 21 giugno 2021

La persona ospitata in un Servizio psichiatrico di diagnosi e cura – la quale è spesso di fatto privata della libertà – ha diritto a vedere inserita questa sua peculiare situazione nel contesto di un piano trattamentale che sia orientato al massimo recupero dell’autodeterminazione che la propria situazione soggettiva gli consente, con tappe e strumenti che non prevedano un periodico ricorso routinario a questa ospedalizzazione.

La stessa tensione al potenziamento di ogni pur limitata e residuale possibilità di scegliere e orientare il proprio tempo deve caratterizzare l’ospitalità di chi è accolto in residenze per anziani o per disabili, scongiurando in modo assoluto la possibilità di traduzione di questa sua specifica collocazione in una forma di internamento (…). Voglio qui condividere soltanto tre o quattro osservazioni per formulare una richiesta al Legislatore.

La prima riguarda l’arretratezza dei dati disponibili – gli ultimi forniti dall’Istat sono del 2018. La seconda riguarda la classificazione delle strutture per disabili che scompaiono quando le persone compiono il sessantacinquesimo anno di età, poiché da quel momento le residenze sono classificate “per anziani” e l’analisi dei bisogni e dell’adeguatezza delle risposte alle relative specificità spariscono. La terza riguarda la disomogeneità territoriale: il numero di posti letto disponibili in tutto il Sud è circa la metà di quello relativo alla Lombardia (…).

È doverosa una complessiva riflessione sul sistema in sé delle residenze sanitarie assistenziali che sono nella maggior parte dei casi strutture private accreditate; nonché sui criteri di accreditamento, che proprio perché calibrati sull’organizzazione a stanze e numero di letti, a cui si aggiunge qualche ambiente comune, hanno finito col configurare l’impossibilità di attività comuni per il rischio di contagio (…) dove il letto diveniva il “luogo” della giornata (…).

Molte volte il Garante nazionale ha sollecitato la loro controllata apertura in sicurezza e troppo spesso le indicazioni in tal senso date dal Ministero della Salute risultano tuttora disattese regionalmente perché affidate alla discrezionalità del gestore. Con danni importanti di regresso cognitivo nel caso di utenti con specifiche disabilità.

Da qui la duplice proposta: dell’avvio di una riflessione ampia sulla risposta istituzionale alle fragilità dovute all’età, alle disabilità, più in generale ai particolari bisogni specifici, che riconfiguri l’attuale modello; e, parallelamente l’istituzione di un registro nazionale effettivo che possa dare con continuità un quadro delle situazioni e indichi come e dove intervenire, supportando, controllando, rivedendo ove necessario, convenzioni anche talvolta di antica tradizione.

*Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale

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