La Costituzione violata con l’ergastolo “ostativo”

di Gerardo Mazziotti, Il Roma, 21 maggio 2021

“Le pene non possono costituire trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Lo stabilisce il secondo comma dell’art 27 della nostra Costituzione. L’ergastolo è previsto dal Codice Penale, voluto dal ministro di Grazia e Giustizia Rocco e dal Capo del governo Mussolini nel 1936 e ancora vigente (con alcune opportune modifiche) perché nessun governo è stato capace di sostituirlo con un Codice rispettoso della Costituzione repubblicana. L’ergastolo “ostativo”, che nega al detenuto ogni beneficio penitenziario, a meno che non sia un collaboratore di giustizia, “è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

L’ha denunciato la Corte Costituzionale che alcuni giorni fa ha esaminato le questioni di legittimità sollevate dalla Cassazione sul regime applicabile ai condannati alla pena dell’ergastolo per reati di mafia, che non abbiano collaborato con la giustizia e che chiedano l’accesso alla liberazione condizionale. I giudici, infatti, hanno rilevato che la “vigente disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo preclude in modo assoluto, a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia, la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro”.

Tuttavia la Consulta si è resa conto che “l’accoglimento immediato della questione rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata” e ha concesso al Parlamento un anno di tempo, fino al maggio 2022, per modificare la norma. Penso che il nuovo Parlamento debba occuparsi anche del tristemente famoso 41 bis. Si tratta di un provvedimento legislativo noto anche come “carcere duro”, che viene riservato ad una particolare categoria di criminali, ritenuti troppo pericolosi per i loro legami con associazioni mafiose e terroristiche.

Venne introdotto dalla cosiddetta legge Gozzini, che modificò la legge 26 luglio 1975, n. 354, ed era in applicabile solo a casi di emergenza interne alle carceri come chiaramente scritto nel dispositivo “In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il ministro della Giustizia ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti.

La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto”. Ma, dato che nel nostro Paese nulla è più definitivo del provvisorio, anche il 41bis è stato prorogato fino a diventare permanente. La misura aveva carattere temporaneo e la sua efficacia era limitata ad un periodo di tre anni dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Ma fu prorogata una prima volta fino al 31 dicembre 1999, una seconda volta fino al 31 dicembre 2000 e una terza volta fino al 31 dicembre 2002. E poi prorogata senza limiti di tempo. Il condannato al 41bis vive in un isolamento massimo, in una cella di 2 metri per tre, arredata con una branda, un lavabo e un wc. Può godere della tradizionale ora d’aria ma non ha alcun contatto con altri detenuti. Non gli è concesso di fare alcun tipo di lavoro ed è sottoposto ad una stretta sorveglianza senza interruzioni.

Un trattamento definito “inumano” dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dal Papa. Totò Riina fu catturato il 15 gennaio 1993 e fu condannato in vari processi a otto ergastoli (laddove ne sarebbe bastato uno solo trattandosi di carcere a vita) ed è morto il 17 novembre 2017 dopo 24 anni vissuti (si fa per dire) in una cella da 41bis. Per quanto criminale sia stato come capo della mafia palermitana penso che abbia subito un trattamento privo di senso di umanità. Meglio giustiziarlo che seppellirlo vivo. È auspicabile che il Parlamento trovi il modo di punire i criminali più efferati nel rigoroso rispetto dell’art. 27 della Costituzione. E che abolisca l’articolo 41bis.

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