Il diritto all’istruzione

di Ilaria Boiano, Università Roma Tre

Nell’ambito del nostro sistema penitenziario la formazione scolastica e professionale rileva nell’ambito del trattamento quale elemento funzionale al reinserimento sociale e nel mondo del lavoro, attuazione dei diritti garantiti dagli articoli 33 e 34 della Costituzione.

Contrariamente al regolamento del 1931, che alla scelta di studiare o meno affiancava un sistema di punizioni e ricompense, l’ordinamento penitenziario sancisce la facoltatività dell’accesso all’istruzione e alla formazione scolastica e professionale in attuazione dei principi consacrati dalla carta costituzionale, perseguendo l’emancipazione culturale e professionale nel rispetto dei diritti e delle libertà delle persone detenute.

L’articolo 19 ord. penit. è presidio normativo che elenca i corsi di formazione scolastica di ogni ordine e grado e di formazione professionale da predisporre all’interno degli istituti penitenziari: corsi di scuola primaria dell’obbligo, di istruzione inferiore e secondaria con programmi adeguati a quelli ordinari che vigono all’esterno. L’articolo 41 co.1 regolamento esecutivo rinvia ai protocolli di intesa tra il Ministero dell’Istruzione e quello della Giustizia e spetta pertanto al dirigente dell’ufficio scolastico regionale insieme con il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria sulla base delle richieste provenienti dalla direzione degli istituti di pena decidere sulla dislocazione, sul tipo di corsi da istituire ed erogare.

Presso ciascun istituto è attiva una commissione didattica composta dal direttore, responsabile dell’area trattamento, insegnanti che formulano i progetti formativi secondo le direttive e le esigenze esterne e interne. L’offerta formativa è definita adeguando i programmi con lo scopo di consentire ai detenuti di proseguire gli studi una volta espiata la pena, ma anche tenendo conto delle peculiarità della popolazione carceraria. Per esempio, bisogna tener presente il numero di detenuti stranieri per assicurare una speciale attenzione all’attività di istruzione e formazione finalizzata alla loro integrazione attraverso l’insegnamento della lingua italiana e la conoscenza dei principi costituzionali.

L’articolo 19 co.4 ord. pen. prevede la mera possibilità di corsi di istruzione scolastica secondaria.

In questo caso, infatti, i corsi sono attivati dal Ministero dell’istruzione su richiesta dell’amministrazione penitenziaria che deve garantirne l’accesso a coloro che manifestano seria aspirazione allo svolgimento degli studi e che devono espiare una pena non inferiore ad un anno scolastico.

La popolazione detenuta può accedere anche ai corsi universitari, che tuttavia presentano più problematiche soprattutto sotto il profilo logistico e organizzativo per la frequenza dei corsi e il sostenimento degli esami.

Sono stati costituiti i cosiddetti poli universitari penitenziari, un’articolazione degli atenei con sede negli istituti penitenziari. Inoltre, sono stati stipulati protocolli e convenzioni con le istituzioni universitarie.

In particolare, il legislatore dedica particolare attenzione alla formazione professionale volta a far acquisire al detenuto capacità professionali utili per rientrare nel mondo lavorativo e quindi così rafforzare concrete possibilità di reinserimento sociale dopo la pena.

La formazione professionale è stata così inserita nell’elencazione dell’articolo 15 ord. penit. dedicato agli elementi del trattamento e sono organizzati in base alle esigenze della popolazione detenuta italiana e straniera nonché tenendo conto delle richieste del mercato di lavoro.

L’articolo 20 ord. penit. è stato modificato dal legislatore delegato del 2018 prevedendo che ai detenuti e agli internati che frequentano corsi di formazione professionale che svolgono i tirocini è garantita la tutela assicurativa e ogni tutela prevista dalla legge.

È possibile, inoltre, frequentare un corso di formazione professionale all’esterno dell’istituto.

Concorre alla piena realizzazione del diritto all’istruzione e formazione anche l’onere in capo all’amministrazione penitenziaria di assicurare la disponibilità di attrezzature per attività di lavoro e d’istruzione senza discriminazione, con l’unica limitazione per ragioni di sicurezza, disciplinari, sanitarie e di giustizia, con prevalenza  alle attività da svolgersi in comune e in locali idonei alla socialità combinate con la possibilità di svolgere attività individuali anche nelle camere detentive.

Sono stipulati convenzioni e accordi con enti territoriali e con i soggetti privati per creare officine per produzioni artigianali, progetti ad hoc, per lavorare all’interno del carcere o per coloro che sono ammessi al lavoro extra murario.

È previsto l’esonero dal lavoro a seconda del corso frequentato e si impone inoltre di evitare i trasferimenti dei detenuti che siano impegnati in attività scolastiche e professionali. Laddove il trasferimento sia inevitabile lo stesso deve essere attuato in un istituto che assicuri al detenuto la continuità didattica.

Convenzioni e progetti

Foto di Markus Spiske da Pexels

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