I volontari fuori dal carcere: situazione in peggioramento

di Ilaria Sesana, Avvenire, 4 maggio 2021

Poche le visite consentite in cella. L’allarme delle associazioni. Teresa Michiara è una veterana della “Sesta Opera”: da 27 anni è volontaria nel carcere di San Vittore e oggi è una dei pochi volontari che accede alla struttura: “Tutto è più lento e più difficile rispetto a prima – racconta. La condizione dei detenuti è peggiorata, si sentono abbandonati e questo alimenta la depressione”.

Prima dello scoppio dell’epidemia di Covid-19 la “Sesta Opera” era presente con una cinquantina di volontari a San Vittore, altri 45 a Bollate e una trentina nella casa di reclusione di Opera. Durante i mesi di chiusura totale tra marzo e aprile 2020 è riuscita a mantenere solo una presenza a San Vittore, con una volontaria impegnata nella distribuzione del vestiario. La scorsa estate i volontari hanno ricominciato ad affacciarsi nei corridoi e nelle rotonde, ma con numeri decisamente inferiori rispetto al passato.

“Oggi riusciamo a fare entrare solo 7-8 persone a San Vittore, una decina a Bollate e meno di dieci a Opera – spiega il presidente dell’associazione, Guido Chiaretti. Comprensibilmente, tutte le attività di gruppo sono ferme: niente gruppi di lettura o di preghiera. Mai bisogni dei detenuti sono tanti e con la crisi economica causata dalla pandemia sono anche aumentati”.

Da Roma a Milano, da Bologna a Palermo sono pochi i volontari che entrano nelle carceri per portare conforto e aiuto materiale ai detenuti. La situazione è estremamente variabile: le possibilità di svolgere attività di volontariato dipendono dalle decisioni direttori dei singoli istituti, dall’andamento dei contagi all’esterno e da quello della campagna vaccinale, dai cambiamenti dei colori delle singole regioni. E quando in un carcere si accende un focolaio, tutto si ferma di nuovo.

“Il volontariato è ancora fuori da tante realtà – conferma Ornella Favero, direttrice della rivista “Ristretti Orizzonti” del carcere Due Palazzi di Padova e presidente della Conferenza nazionale Volontariato e Giustizia. A Padova, dopo la chiusura dei primi mesi dell’emergenza, abbiamo lottato per rientrare e lo scorso luglio ce l’abbiamo fatta. Poi ci sono stati altri due stop e adesso siamo di nuovo fermi per il focolaio scoppiato al Due Palazzi. Ma sospendere all’infinito le attività dei volontari rende le carceri un deserto”.

Senza le attività organizzate dai volontari le giornate in cella sono molto più lunghe da trascorrere. Ai detenuti vengono a mancare preziosi momenti di incontro, di supporto e confronto sulla situazione fuori dal carcere. Oltre alla possibilità di ricevere aiuto materiale: un elemento non secondario dal momento che a molti mancano persino beni di prima necessità come il sapone.

A Roma, i volontari della Comunità di Sant’Egidio hanno ripreso a lavorare nelle carceri a fine luglio 2020: “Stiamo entrando poco e questo lo trovo saggio, in un certo senso. Riusciamo a fare i colloqui con i detenuti mantenendo le distanze, per portare sostegno umano e psicologico. Ma il tempo è sempre molto poco – spiega Stefania Tallei, responsabile del servizio carcere-. In alcuni momenti abbiamo la sensazione di essere tornati a prima della riforma dell’ordinamento penitenziario: dobbiamo stare attenti affinché questo non succeda”.

“Un carcere senza volontari è un carcere più carcere – aggiunge Francesco Moggi, volontario e presidente di Vic-Volontari italiani in carcere. Visti i limiti all’ingresso, nel corso dell’ultimo anno l’associazione ha potenziato l’accoglienza all’esterno e oggi gestisce due strutture. Una è nata appositamente su spinta della Caritas diocesana e con l’aiuto dell’elemosiniere del Papa; l’obiettivo è accogliere le persone che lavorano fuori dal carcere in regime di semilibertà e i detenuti che, non avendo domicilio, non potevano accedere alle misure alternative”.

Non mancano le preoccupazioni per il futuro: “Avevamo attivato dei progetti rivolti ai figli di detenuti, per aiutarli a gestire il difficile momento dell’ingresso in carcere. Abbiamo dovuto interrompere tutto dall’oggi al domani e non sarà facile rimettere in piedi quelle iniziative. Con il carcere si ricomincia sempre da zero – chiarisce Paola Cigarini, referente del Gruppo Carceri Città di Modena. In futuro il volontariato dovrebbe essere maggiormente coinvolto nella progettazione e nella costruzione delle politiche della pena. Dentro e fuori dalle carceri. Ma questo presuppone un volontariato preparato, che riflette sul suo operato per non fermarsi alla pur importante e necessaria azione quotidiana”.

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