I diritti delle persone detenute

di Ilaria Boiano, Università di Roma Tre

Grande conquista del sistema penitenziario nazionale è l’introduzione nel nostro ordinamento dei principi del trattamento che configurano una detenzione volta al recupero e alla socializzazione del soggetto.

Il termine “trattamento” comprende il complesso di norme e di attività che regolano e assistono la privazione della libertà per l’esecuzione di una sanzione penale[1] e trovano il primo riferimento normativo nell’articolo 1 legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dall’articolo 11 del d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123.

L’articolo 1 ord. pen., come novellato dal legislatore del 2018, non ha perso la sua valenza di architrave del sistema, seppure integralmente riscritto e, in particolare, significativamente integrato dal divieto di discriminazione per ragioni di sesso, identità di genere e orientamento sessuale, per assicurare una copertura normativa agli interventi e alle misure in concreto necessarie per garantire il superamento delle discriminazioni,  e sancisce a livello normativo la prospettiva teorica e politica della pena intesa come “opportunità” di recupero e risocializzazione del soggetto.

Specularmente a questa prospettiva, il carcere viene ridisegnato dal titolo II della legge n. 354/1975 dedicato all’organizzazione penitenziaria: da luogo di segregazione e di allontanamento dalla società, il legislatore ridefinisce il carcere come dimensione spazio-temporale nella quale l’ordinamento è chiamato a dispiegare strutture, materiali e psicologiche, da destinare alla rieducazione e al reinserimento delle persone condannate, rimarcando la centralità della garanzia dei diritti fondamentali della persona e la stretta correlazione tra la vita all’interno del carcere e quella “oltre le mura”, nella convinzione di base che la finalità rieducativa della pena e il reinserimento sociale della persona detenuta sono obiettivi perseguibili solo in un ordinamento nel quali i soggetti di diritto rimangano riconosciuti come tali, con la minore compressione possibile della sola libertà personale.

La garanzia dei diritti e delle libertà riguardanti aspetti fondamentali della detenzione sono oggetto anche di numerose risoluzioni e raccomandazioni approvate dal Consiglio d’Europa ed in particolare nelle Regole penitenziarie europee, atti di soft law, che orientano gli Stati secondo gli obblighi derivanti dalla giurisprudenza della Corte EDU in materia di privazione di libertà.

L’articolo 35 dell’ordinamento penitenziario (L.354/1975) riconosce a detenuti ed internati il diritto di reclamo al direttore dell’istituto, al provveditore, al capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al ministro della giustizia, alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all’istituto, al garante nazionale e ai garanti territoriali dei diritti dei detenuti, al presidente della giunta regionale, al magistrato di sorveglianza, al capo dello Stato.

Gli articoli 35-bis e 35-ter individuano le ipotesi specifiche del reclamo giurisdizionale in materia disciplinare e del reclamo giurisdizionale per condotta illegittima dell’amministrazione.

Il Magistrato di sorveglianza decide su questi reclami e sul Rimedio risarcitorio previsto dall’art. 35-ter commi 1 e 2.

Foto di Miguel Á. Padriñán da Pexels


[1] Così Canepa G., Personalità e delinquenza, Giuffrè, 1974.

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