Garantisti, unitevi! La ricetta Nordio per riformare la Giustizia

di Francesco Bechis, formiche.net, 31 maggio 2021

Ben vengano le conversioni garantiste della politica, ma è sulla riforma della Giustizia che si passa dalle parole ai fatti. Prescrizione Bonafede, reati contro la Pa, processo civile e penale, Csm. Ora mettiamoci all’opera, sul serio. Parla l’ex procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio. Carlo Nordio è come San Tommaso, vedere per credere. L’ex procuratore aggiunto di Venezia si rallegra della svolta garantista annunciata dal volto di punta del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio. Ora, dice a Formiche.net, è il momento della prova del nove.

Conversione un po’ tardiva?

Meglio tardi che mai. Mi sembra sia una conversione sincera, che sia anche operosa. Ora bisogna passare ai fatti.

Come?

Aderendo al nuovo referendum sulla separazione delle carriere. Riformando la giustizia. Enunciando un proclama contro l’uso dell’informazione di garanzia e dell’esercizio dell’azione penale per estromettere una persona dalla vita politica. Poi la ciliegina sulla torta.

Sarebbe?

Una radicale riforma delle intercettazioni. Perché hanno devastato la dignità personale e la carriera politica di centinaia di persone che con le indagini non avevano nulla a che fare. Il caso Guidi dovrebbe aver insegnato qualcosa.

Sulla riforma della giustizia è al lavoro la ministra Marta Cartabia. Che idea si è fatto del rapporto della commissione Lattanzi?

La riforma della Cartabia deve avere come oggetto primario il processo civile. Da questo dipendono i fondi europei, è una priorità assoluta.

E il processo penale?

Mi accontenterei di una riforma minima che abolisce il reato d’abuso d’ufficio e il traffico di influenze. Cioè i due reati che più impattano sulla Pubblica amministrazione, ne rallentano l’attività, compromettono l’economia.

Pensa al caso di Chiara Appendino?

Ce ne sono tanti. Appendino è vittima di un sistema avallato dal suo partito. I Cinque Stelle sono i primi a voler mantenere in piedi un modello repressivo e anche evanescente, perché, a parte la corruzione e la concussione, i reati contro la Pa come l’abuso d’ufficio consentono di incriminare chiunque. Non hanno nessun effetto pratico, né deterrente.

E rendono meno appetibile il ruolo. Sarà per questo che si fatica a trovare candidati per le prossime amministrative?

Temo che lì intervengano altre dinamiche (ride, ndr). Di certo questi reati, così disegnati, danno vita a un’amministrazione difensiva. Infatti i sindaci non firmano più nulla.

Non toccherebbe altro del processo penale?

La verità è che gli interventi settoriali non servono a nulla. Il sistema penale è fallito, il codice di procedura penale è ancora quello di Vassalli, tutta la parte generale del codice penale risale al 1930 e porta la firma di Mussolini. Queste riformine sono solo pillole palliative, è come curare il cancro con l’aspirina.

Nel rapporto Lattanzi viene rilanciata una vecchia proposta delle Camere Penali: deve essere il Parlamento a dare ogni anno agli uffici inquirenti l’indirizzo delle priorità d’indagine. È d’accordo?

Sono perfettamente d’accordo. Oggi l’azione penale non è né obbligatoria né discrezionale, è semplicemente arbitraria. Ogni Pm indaga quando e come vuole, spesso inventandosi le indagini.

Quindi?

Quindi o togli l’obbligatorietà dell’azione penale, ma per farlo devi prima cambiare la Costituzione, oppure inserisci dei criteri di discrezionalità vincolata o di precedenza della trattazione. Solo un organo politico come il Parlamento può assumersi questa responsabilità.

Vent’anni fa la bicamerale D’Alema fece una proposta non molto diversa…

Certo, faceva parte della bozza Boato. La magistratura ha posto il veto. La politica, con il solito cuor di leone, si è chinata di fronte alle toghe, perché ne aveva paura. E ne ha ancora molta.

Sulla scia della riforma di Gaetano Pecorella, il testo della commissione Lattanzi rafforza il divieto del ricorso in appello del pm ma limita anche il diritto di impugnazione da parte dell’imputato…

Il diritto di impugnazione per l’imputato è sacro, tant’è che esiste in tutti i Paesi civili. È altresì assurdo dare la possibilità al Pm di impugnare una sentenza di assoluzione, a meno che non intervengano nuove prove di colpevolezza, ma in quel caso si deve rifare il dibattimento. E poi c’è un principio costituzionale a garanzia: la condanna viene erogata solo al di là di ogni ragionevole dubbio.

Nordio, non ci staremo dimenticando la prescrizione? Ci sono le condizioni politiche per cambiare il modello Bonafede?

Una certa discontinuità è necessaria, altrimenti la coalizione di governo esplode. Temo che non sarà radicale, una crisi di governo sulla giustizia ora non è politicamente tollerabile. Sarà una discontinuità edulcorata.

Chiudiamo sul Csm. Da dove si parte per riformarlo?

Serve un intervento radicale. Da vent’anni sostengo l’idea del sorteggio. All’epoca ero un eretico isolato, ora di fronte agli ultimi scandali in tanti, anche fra i giuristi di sinistra, si sono accodati. Hanno capito che non c’è altro rimedio: la magistratura non si può autoriformare attraverso le correnti.

Chi dovrebbe essere sorteggiato?

Io immagino un canestro fatto di persone competenti. Composto da magistrati di Cassazione, docenti universitari di materie giuridiche, presidenti dei Consigli forensi e delle Camere penali, avvocati.

Ma la Costituzione prevede l’elezione del Csm…

Per evitare di metterci mano si può prevedere un’elezione ex post, fra i sorteggiati. In qualche modo si deve arginare il potere delle correnti. Spero che i fatti recenti abbiano convinto anche gli ultimi scettici.

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