Covid. In carcere ci si contagia di più. Agenti e detenuti a forte rischio

di Ilaria Sesana, Avvenire, 10 aprile 2021

Aumentano i focolai, colpite anche le donne con bimbi. Antigone: tassi di positività maggiori negli spazi sovraffollati. I sindacati: accelerare con i vaccini. Si sono accesi a Reggio Emilia (con oltre cento detenuti positivi) e al “Due Palazzi” di Padova (più di novanta i positivi) gli ultimi focolai di Covid-19 scoppiati nelle carceri italiane. Per far fronte alla difficile situazione in cui si trovano due istituti, il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ha istituito due nuovi gruppi di lavoro con l’obiettivo di individuare con urgenza le cause della diffusione del contagio e di predisporre le misure organizzative da adottare per evitarne l’ulteriore diffusione.

Reggio Emilia e Padova vanno così ad aggiungersi all’elenco di carceri in cui sono scoppiati focolai di Covid-19: il carcere di massima sicurezza di Melfi, che conta oltre 50 detenuti postivi sui 160 presenti, e la sezione femminile del carcere romano di Rebibbia, dove prima di Pasqua una cinquantina di detenute sono risultate positive. Tra loro anche una mamma con un neonato che ha poco più di un mese di vita. E prima ancora Asti e la sezione 41bis del carcere di Parma.

Complessivamente, secondo i dati aggiornati a lunedì 5 aprile, i detenuti positivi sono 823 (di cui 17 ricoverati in ospedale) su un totale di oltre 52mila ristretti. “Dall’inizio della pandemia i detenuti morti per Covid-19 sono stati 18 – spiega Michele Miravalle dell’Osservatorio di Antigone -. La situazione è relativamente sotto controllo, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Anche perché sappiamo che i tassi di contagio tra i detenuti sono più alti rispetto allo stesso dato relativo all’Italia in generale”.

Le carceri, infatti, sono ambienti che presentano condizioni favorevoli per la diffusione del Covid-10: spazi stretti, sovraffollamento, ingresso giornaliero di tante persone diverse aumentano il rischio. Non è un caso che l’incidenza del virus nelle carceri italiane sia più elevata rispetto all’esterno. Secondo una stima di Antigone, infatti, ad aprile 2020 nelle carceri il tasso di positività era di 18,7 casi ogni 10mila persone contro un rapporto di 16,8 ogni 10mila all’esterno. A dicembre 2020 la forbice si è allargata ulteriormente (179,3 positivi ogni 10mila in carcere e 110,5 all’esterno) mentre a febbraio 2021 il tasso di positività in carcere era di 91,1 ogni 10mila persone (e di 68,3 ogni 10mila persone all’esterno).

Numerosi i contagi da Covid-19 anche tra la polizia penitenziaria: 683 (di cui 11 ricoverati) su un totale di 36.939 agenti e da marzo 2020 a oggi, sono 11 i “baschi blu” che hanno perso la vita a causa del Covid-19. “Vogliamo richiamare l’attenzione dell’Amministrazione penitenziaria sul Covid all’interno degli istituti penitenziari, per interrompere definitivamente questa preoccupante serie di decessi. Chiediamo che si completi al più presto la vaccinazione degli agenti” commenta il segretario generale della Fns Cisl, Massimo Vespia. La stessa richiesta arriva da Donato Capece, segretario del Sappe: “Siamo in ritardo con le vaccinazioni. L’appello che ho rivolto al Commissario straordinario Figliuolo è stato quello di dare una corsia preferenziale a tutti i poliziotti penitenziari e ai detenuti per la vaccinazione”.

La campagna di vaccinazione in carcere ha preso il via a inizio marzo, anche grazie alle richieste provenienti dalla società civile e dai Garanti delle persone private della libertà: al 5 aprile i detenuti vaccinati sono 6.356 sui 52mila presenti. Mentre i vaccinati tra gli agenti di polizia penitenziaria sono 15.155 sui circa 37mila “baschi blu” attivi nelle carceri italiane. Concludere in tempi rapidi le vaccinazioni tra detenuti, agenti e operatori è importante anche per dare una prospettiva alla vita e alle attività che si svolgono in carcere. “Le attività formative, di istruzione e lavoro sono bloccate, in quasi nessun carcere stanno entrando i volontari – conclude Miravalle, di Antigone. Un carcere senza scuola e lavoro è un carcere che non svolge il ruolo che gli è stato assegnato dalla Costituzione. Ed è un carcere più pericoloso dove aumentano autolesionismo e tensioni. Capiamo l’esigenza di rispettare protocolli di sicurezza, ma serve una prospettiva di ripresa”.

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