di Nello Trocchia, Il Domani, 25 luglio 2021
Dopo il pestaggio di Santa Maria Capa Vetere. I disegni di legge presentate alla Camera dei deputati sono due, presentate dal deputato Riccardo Magi (+Europa) e da Giuditta Pini (Pd), ma giacciono in commissione affari costituzionale da due anni e mezzo alla camera dei Deputati.
“Il casco di protezione indossato dal personale delle forze di polizia deve riportare sui due lati e sulla parte posteriore un codice alfanumerico che consenta l’identificazione dell’operatore che lo indossa”, recita l’articolo 2 della proposta di legge, firmata da Giuditta Pini, che chiede l’introduzione dei codici identificativi per le forze dell’ordine impegnate nei servizi di ordine pubblico.
Le proposte sono due, presentate dal deputato Riccardo Magi (+Europa) e da Giuditta Pini (Pd), ma giacciono in commissione affari costituzionali da due anni e mezzo alla camera dei Deputati. Quando sono state presentate anche Forza italia, con il deputato Paolo Sisto, oggi sottosegretario alla giustizia con delega alle carceri, ha manifestato la profonda contrarietà a questa ipotesi. Contrarietà che si aggiunge a quella di Lega e Fratelli d’Italia. Domani ha lanciato una petizione per chiedere l’introduzione dei codici identificativi, firmata da quasi 40 mila persone, ma la ministra della Giustizia Marta Cartabia non ha mai risposto sul tema.
Il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ‘Francesco Uccella c’è stato un pestaggio di stato con circa 300 poliziotti penitenziari che, per oltre 4 ore, hanno massacrato di botte i detenuti del reparto Nilo, che ospita prevalentemente tossicodipendenti e anche una sezione destinata a chi ha problemi mentali. A fine giugno il giudice Sergio Enea ha disposto 52 misure cautelari su richiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere. Uno degli agenti non aveva fatto nulla, era assente quel giorno, è stato scarcerato pochi dopo l’esecuzione della misura.
C’era stato un errore nell’identificazione. Se ci fosse stato il codice quell’errore non sarebbe stato commesso. Così come se fosse stata in vigore la legge Pini-Magi non ci sarebbero ancora decine di poliziotti penitenziari picchiatori che sono ancora da identificare. Il 6 aprile, infatti, molti agenti, appartenenti ai gruppi operativi di supporto, sono entrati nell’istituto muniti di casco rendendo complicata l’identificazione da parte dell’autorità giudiziaria. “Non c’è la volontà politica di approvarla, c’è bisogno che il Partito democratico o altri partiti la individuino come priorità e ne chiedano la calendarizzazione nella conferenza dei capigruppo”, dice Magi.
È cambiato qualcosa dopo la visione dei video che descrivono le violenze contro detenuti inermi, ripetutamente picchiati, fatti inginocchiare e umiliati? La ministra Cartabia continua a ripetere che le direttrici lungo le quali muoversi sono formazione, strutture e sovraffollamento. E i partiti? Dalle destre l’opposizione è netta. “Noi siamo contrari al codice identificativo per le forze dell’ordine. Comunque se il Partito democratico volesse calendarizzare questa proposta potrebbe farlo in ogni momento”, dice Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia.
Ogni forza politica ha la possibilità, in base alla consistenza numerica, di portare all’attenzione dell’aula le proposte di legge che ritiene prioritarie. Serracchiani guida il gruppo dei democratici alla camera dei Deputati. “Le dico che non lo so, non abbiamo parlato del calendario dei prossimi mesi”. Lei come capogruppo si prende un impegno su un tema così importante? “Sono il capogruppo di un gruppo, ne parlo con il gruppo”, risponde Serracchiani.
Ma lei personalmente che ne pensa? “Non abbiamo preso alcuna decisione e non ho visto quella proposta di legge, non le saprei dire”. Lei è favorevole all’introduzione del codice identificativo? “Non mi faccia l’interrogatorio”. Insistiamo citando Genova 2001, Santa Maria Capua Vetere 2020. “Non abbiamo affrontato la questione, quando affronteremo la questione ne riparliamo”, conclude Serracchiani. Davide Crippa, capogruppo del M5s, è ancora più sbrigativo. Quando gli diciamo che si tratta della questione dell’introduzione del codice identificativo risponde: “No, no, mi sto occupando di altri temi. Ora sono con delle persone”.
Sono lontani i tempi, anno 2014, quando il fondatore Beppe Grillo proponeva e sosteneva convintamente il codice identificativo con tanto di post sul blog. Una proposta quella di introdurre i codici identificativi che viene presentata in ogni legislatura e ha sempre lo stesso esito: nullo. Esiste, invece, nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea, nel 2012 il parlamento europeo aveva anche esortato gli stati membri a introdurre un codice identificativo per le forze dell’ordine. Amnesty International Italia da anni ne chiede l’approvazione, da quando 20 anni fa a Genova manifestanti, giornalisti e cittadini furono massacrati di botte da agenti delle forze dell’ordine. Anche in quell’occasione vinse l’impunità. A chi obietta che la proposta mette in pericolo gli uomini e le donne che ogni giorno contrastano la criminalità organizzata la risposta è molto semplice: il codice identificativo non viene adoperato nelle operazioni contro le mafie. Il codice esiste in quasi tutta Europa, in Italia no e nessuno ha voglia di introdurlo nonostante Genova e nonostante l’orribile mattanza di Santa Maria Capua Vetere.
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