Con Draghi e Cartabia si riafferma lo stato di diritto in carcere, dice Mauro Palma

di Ruggiero Montenegro, Il Foglio, 14 luglio 2021

“Le istituzioni sono presenti e quello di domani è un segnale importante. Non lo è solo per i detenuti e le vittime, ma anche per gli agenti. Per tutto il paese. Un modo per ribadire che il carcere è un luogo dove si rispetta la legge”. Mauro Palma, Garante nazionale dei detenuti, risponde al telefono dalla “Dozza”, la casa circondariale di Bologna, e commenta con il Foglio la visita che il premier e il ministro faranno domani al carcere di Santa Maria Capua Vetere, drammatico teatro di pestaggi gratuiti verso i detenuti nel corso di quella che doveva essere una perquisizione straordinaria. Le immagini però hanno mostrato un’altra storia, fatta di violenza e umiliazione.

Per questo, “l’appuntamento di domani è una spinta alla ripartenza, una riaffermazione dello stato di diritto – ribadisce Palma -. Chiaramente non sarà una visita per approfondire, non sarà un’ispezione, ma sarà comunque significativo. Sarà un momento di rassicurazione per la collettività, una garanzia per tutti. È fondamentale che le istituzioni vadano a vedere e si prendano carico di queste situazioni”.

Anche perché, una delle ultime volte in cui un Guardasigilli si è fatto riprendere con un detenuto, il ministro era Alfonso Bonafede. L’occasione era stata l’arresto di Cesare Battisti, con l’esibizione dell’ex terrorista, quasi fosse un trofeo, a favor di telecamera e di propaganda. Ora però i tempi sono cambiati. “È vero che in passato ci sono stati periodi in cui qualcuno ha usato il proprio ruolo cavalcando l’onda sociale, ma non ne farei una questione personalistica. Certamente Cartabia è una garanzia dei valori costituzionali e ora questi valori vengono riaffermati”, insiste il Garante.

Ma non solo: “Questa visita riafferma anche la necessità di pene alternative e al tempo stesso la necessità che il carcere sia indissolubilmente legato alla Costituzione”. Dal punto di vista di Mauro Palma, da quelle drammatiche immagini dei pestaggi “emerge un desiderio di umiliare i detenuti, prima ancora che quello di menare. Ed è gravissimo. In questa vicenda – continua il Garante – ci sono almeno tre vittime: i detenuti, prima di tutto, chiaramente. Ma anche gli agenti per bene della stessa polizia penitenziaria. E poi la collettività, perché quel che se ne deduce è che abbiamo allentato il senso democratico. È una ferita per la democrazia, e si pensi anche all’immagine internazionale dell’Italia, proprio a 20 anni dalle violenze del G8 di Genova”.

Come se ne esce allora? “Da questa vicenda così negativa bisogna trovare gli elementi che permettano un cambiamento”, risponde Palma, che sul punto è molto chiaro, invocando una svolta sostanziale: “Qui non si tratta di fare piccole modifiche, ma di cambiare del tutto paradigma: come rispondiamo a un reato e con quali mezzi? Le pene detentive devono essere solo una parte, e si dovrebbero usare solo in determinate situazioni, la realtà detentiva è molto cambiata negli ultimi anni”. Ci spieghi meglio. “È importante il ruolo della formazione: abbiamo molte detenzioni ‘sociali’, legate alle dipendenze per esempio, accanto a quelle ‘criminali’. E allora dobbiamo chiederci se il personale penitenziario sia in grado di cogliere queste differenze. Sono problemi diversi e richiedono risposte diverse. Quasi servirebbe una differenziazione dei compiti, rispetto al tipo di reati e ai detenuti”.

L’ultima battuta è sui numeri identificativi per gli agenti, un tema tornato d’attualità proprio in seguito ai fatti di Santa Maria Capua Vetere. Anche su questo aspetto il Garante non ha molti dubbi: “Non poter procedere a definire le responsabilità perché non si può identificare – conclude – è una sconfitta dello stato. Un segnale di arretratezza del sistema democratico”. Occorre fare di più e in fretta, come ricorda la cronaca di questi giorni.

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