Cesare Battisti, contro di lui uno stato vendicativo. Ma la Costituzione?

di Roberto Giachetti, Il Riformista, 24 giugno 2021

Qui non si deve discutere se sia un criminale e di quale entità. La giustizia italiana lo ha già stabilito. Qui si discute dei confini umani e giuridici che lo Stato, in ossequio al suo ruolo, deve sempre elevare per affermare la sua primazia.

Caro direttore, la mia storia personale e politica mi consente, senza troppi giri di parole, di definire la vicenda di Cesare Battisti, alla luce di quanto sta avvenendo nella gestione della sua detenzione, emblematica e rappresentativa di uno Stato che deliberatamente rinuncia all’applicazione delle garanzie costituzionali dovute a tutti i detenuti a favore di un metodo punitivo diremmo ad personam che lo pone, a mio giudizio, al di fuori delle prerogative spettanti nell’esercizio delle sue funzioni.

Riepilogando in breve una vicenda ormai nota Battisti, dopo aver scontato i 6 mesi di isolamento previsti dalla legge, da giugno 2019 avrebbe dovuto essere detenuto in regime ordinario. In realtà da quel momento ad oggi il detenuto è rimasto prima nel carcere di Oristano in regime di alta sorveglianza, di fatto ristretto per oltre un anno in isolamento, per poi venir trasferito successivamente nel carcere di Rossano Calabro, dove si trova tutt’ora, assegnato alla sezione riservata agli accusati di terrorismo islamico; in tale sezione “speciale” la presenza di soli detenuti di fede integralista islamica, ancora una volta, pone di fatto Battisti in una condizione di isolamento.

Dal 2 giugno di quest’anno Battisti ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere il rispetto della dignità dei detenuti e l’applicazione dei diritti inviolabili e inalienabili degli stessi. Queste poche righe per riassumere in breve un isolamento senza soluzione di continuità da due anni, a riprova che mai come in questo caso, fatti e norme alla mano, pur nel marasma delle falle della giustizia italiana che ben conosciamo, qui non vi sia spazio per opinioni di parte ma si deve, al contrario, restare saldamente ancorati ai precetti costituzionali e all’impostazione garantista su cui questi sono improntati. Oui non si discute e non si deve discutere se Battisti sia un criminale, di quale entità, e quanto a lungo debba scontare una pena; lo Stato italiano lo ha già stabilito e ha già, condannandolo e traducendolo in carcere, esercitato pienamente questa funzione.

Qui si discute, invece, dei confini, morali e giuridici, che lo Stato, in ossequio al suo ruolo, deve sempre elevare proprio per affermare la sua primazia rispetto a chi si è macchiato anche dei crimini più efferati.

Nel momento in cui la giustizia viene esercitata artatamente per sbilanciare questo rapporto tra istituzione e reo, nel momento in cui lo stato lede la dignità del detenuto Battisti stracciando di fatto le basilari garanzie alla dignità dell’individuo che valgono dunque anche per lui, nel momento in cui la vicenda detentiva di Battisti ci restituisce la violazione di queste norme fondamentali, che Stato è questo se non uno Stato vendicatore che di fatto sembra ripagare con la stessa moneta un uomo che per anni se n’è fatto beffe, fuggendo e nascondendosi dalle proprie responsabilità?

Quali possono quindi essere, se non questi, i motivi per cui per il detenuto Cesare Battisti cessano di valere i principi previsti dalla Costituzione a tutela della dignità e dei diritti di chi è rinchiuso in un carcere? A me pare di poter dire con pochi dubbi che questa vicenda sconti, e ce lo dicono i fatti, una gestione politica che ha sotterrato, anche mediaticamente, e di fatto li ha resi quasi accessori, i principi fondamentali di una giustizia che è giusta solo se esercitata nel rispetto della legge in tutte le sue forme, dall’applicazione della pena alla funzione riabilitativa del carcere.

Non posso quindi non evidenziare che quello che sta accadendo a Battisti non sarebbe stato accettabile con il governo precedente, in cui la chiara matrice giustizialista fu sublimata dalle immagini del Battisti “trofeo” sventolato a favore di telecamera dall’allora ministro della giustizia Bonafede e dell’Interno Salvini, figuriamoci con l’attuale governo. Non possiamo permetterci di fare i garantisti a corrente alternata, perché di fatto è un ossimoro giuridico e dobbiamo riaffermarlo sempre con forza e in continuazione.

Vale e deve valere per Battisti quello che vale per tutti i detenuti, perché – giova sempre ribadirlo – il grado di civiltà giuridica di uno Stato si misura soprattutto nella capacità che esso ha di garantire il rispetto dei diritti individuali, anche nei confronti di coloro che si sono macchiati dei più atroci delitti e si concretizza nell’aderenza a quei valori sanciti dalla nostra Costituzione, escludendo pene che consistano in trattamenti inumani e degradanti perché la finalità da perseguire è la rieducazione e il reinserimento, non la punizione.

Uno Stato che voglia e possa definirsi “di diritto” non può e non deve cercare vendetta. E non può certamente tollerare violazioni così palesi delle proprie regole fondanti. Lo Stato ha il dovere e l’obbligo, giuridico e morale, di assicurare una corretta esecuzione della pena. E noi, come soggetti istituzionali, ma prima ancora cittadini, se questo non avviene, di denunciarlo e chiederne conto.

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