Carceri tra sovraffollamento e restrizioni da Covid: 14 detenuti suicidi da inizio anno

di Silvia Mancinelli, adnkronos.com, 12 aprile 2021

Sabatino Trotta è solo l’ultimo nome di una lista di suicidi in cella che, ad oggi, è arrivata a quota 14 dall’inizio dell’anno. Il dirigente della Asl di Pescara, che si è tolto la vita mercoledì scorso nel carcere di Vasto, era rinchiuso da pochi giorni nell’ambito di una indagine su presunta corruzione in un appalto sanitario. La vergogna, forse una pena considerata ingiusta.

Prima di lui, il 3 aprile scorso, si era ucciso Gerardo Tarantino, trovato nel bagno della sua cella a Foggia dove era recluso, unico indiziato dell’omicidio di Tiziana Gentile avvenuto il 26 gennaio a Orta Nova. Il 31 marzo venne trovato impiccato nella sua cella a Bari il 46enne Nicola Nigro, dopo diversi tentativi di togliersi la vita. In quella sciagurata lista di 14 suicidi da inizio 2021 anche un ragazzino di appena 15 anni. Si è ucciso l’8 marzo scorso, all’interno della comunità di recupero a Caserta dove si trovava per una rapina.

Solo solo alcuni nomi di chi non ha retto il peso della condanna, di chi non vedeva più oltre le sbarre, di chi è stato schiacciato da un sovraffollamento arrivato al limite o da disposizioni ancora più severe per contenere ulteriori focolai in carcere che, all’8 aprile, hanno fatto registrare quota 871 detenuti positivi al Covid-19 in tutto il territorio nazionale.

Secondo i dati forniti dal Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) all’Adnkronos sono stati 62 i suicidi nel 2020, più di 5 al mese, 53 l’anno precedente e 62 nel 2018, 48 nel 2017, 39 nel 2016 e nel 2015, 43 nel 2014. Un fenomeno dovuto secondo Ornella Favero, direttore di Ristretti Orizzonti, “soprattutto a una impossibilità per i reclusi di avere attenzioni – dice all’Adnkronos – I numeri sono spropositati, manca l’organico e non ci sono attività per tutti”.

“E molti di più sono i suicidi in cella sventati dagli agenti – spiega all’Adnkronos Donato Capece, segretario generale del Sappe – 1478 solo nel 2020, ossia più o meno 4 al giorno, 11.343 gli atti di autolesionismo, ben 31 ogni giorno.

Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri e gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti. L’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici, ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Al nuovo Ministro della Giustizia Marta Cartabia chiediamo un cambio di passo sulle politiche penitenziarie”.

“Il fenomeno dei suicidi in carcere, che rappresenta un fallimento dello Stato che non riesce a proteggere persone che ha in custodia – aggiunge Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Pp. – è aggravato da sovraffollamento, servizi inadeguati, organici fortemente insufficienti della Polizia penitenziaria e degli altri operatori, disorganizzazione. Basterebbe, forse, la sola efficace standardizzazione della gestione complessiva dei detenuti appena arrestati per ridurne in maniera significativa la portata, senza per questo trascurare il trattamento successivo”.

Per Giuseppe Moretti, presidente della Uspp, “bisogna contrastare il fenomeno dei suicidi focalizzando gli interventi di educatori, psicologi, assistenti sociali. La polizia penitenziaria fa quello che può – spiega all’Adnkronos – Con un solo agente, a volte in turni dove deve controllare 150 detenuti, è difficile anche intervenire: eppure senza il loro intervento sarebbe molto più alto il numero dei suicidi”.

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