Battisti, il carcere e la storia del terrorismo sconfitto

di Guido Salvini* Il Dubbio, 17 settembre 2020

Non posso essere sospettato di simpatie o di indulgenza nei confronti di Cesare Battisti. Ho scritto in molti articoli che Battisti era un personaggio indifendibile e che il suo tentativo di dipingersi, per sottrarsi all’estradizione dal Brasile, come un innocente condannato dopo processi ingiusti e un perseguitato politico era risibile e poteva al più soddisfare gli intellettuali poco informati che lo avevano protetto.

Del resto di quella mancata estradizione in Italia alla fine perfino l’ex Presidente del Brasile Lula ha parlato come di un errore. Tanto è vero che, una volta giunto in Italia Battisti ha confessato tutti gli omicidi e i ferimenti per i quali era stato condannato dalla Corte d’Assise di Milano.

I Proletari Armati per il Comunismo, di cui Battisti fu uno degli “ideologhi” e fondatori è stato, nella sua breve vita alla fine degli anni 70, uno dei gruppi più sciagurati nel panorama della lotta armata in Italia, un’accozzaglia di persone che per la loro insensata ferocia erano tenuti a distanza persino dalle Brigate Rosse e dai gruppi affini. Aggiungo che ricordo bene la storia e i processi dei Pac. Mio padre all’inizio degli anni 80 presiedeva la Corte d’Assise che pronunciò una delle sentenze per l’omicidio dell’orefice Torreggiani. Si viveva in un clima di paura. I Pac erano infatti specializzati più che nell’individuare, come le Brigate Rosse, obiettivi politici, nel porre a segno le loro vendette personali. Sparavano a commercianti che avevano reagito durante rapine, alle guardie delle carceri dove qualcuno dei loro militanti era stato detenuto, ai medici interni delle carceri che avevano fatto il loro mestiere. Li chiamavano i terroristi “giustizialisti”. Roba da serial killer. Scrivendo di questo caso non ho comunque dimenticato di esprimere le mie critiche allo spot pubblicitario organizzato dal Ministro dell’Interno in aeroporto al momento dell’arrivo di Battisti nel gennaio 2019 dalla Bolivia.

Premesso tutto questo, le recenti decisioni in merito alla carcerazione di Battisti possono suscitare più di una perplessità e potrebbero suggerire soluzioni diverse. Il Ministero, respingendo le richieste dei difensori, ha confermato la classificazione di Battisti come detenuto destinato ad un carcere di Alta sicurezza e lo ha trasferito al carcere di Rossano in Calabria, molto lontano e che pone certamente difficoltà per effettuare i normali colloqui e altre limitazioni Certamente il Ministero e l’amministrazione penitenziaria possono applicare i regolamenti e classificazioni formali. Ma la lotta armata in Italia si è esaurita da più di 20 anni con la disgregazione di tutte le organizzazioni terroristiche, i crimini che Battisti ha commesso sono avvenuti 40 anni fa e il mondo in cui sono maturati è scomparso. Battisti non avrebbe più nessuno cui rivolgersi. Infatti nel carcere di Rossano, dove è stato trasferito, ci sono quasi solo terroristi islamici.

La detenzione nel circuito di massima sicurezza è prevista per scongiurare il mantenimento dei contatti con l’esterno e la programmazione di nuove azioni criminose e anche per evitare il proselitismo nelle carceri ordinari, quello in cui i Pac si erano un tempo specializzati. Ma questo pericolo, almeno in relazione alla lotta armata, oggi per fortuna non esiste più.

Una situazione ben diversa da quella dei mafiosi e degli appartenenti ad altri gruppi della criminalità organizzata che, anche se in carcere, mantengono ancora il controllo del loro territorio e sono in grado di impartire ordini a chi è rimasto fuori. È questo che giustifica il regime carcerario di cui all’art. 41 bis ed altre misure di massima sicurezza, ma di certo non riguarda Battisti. I familiari delle vittime hanno avuto finalmente piena giustizia. Tutti i componenti dei Pac sono stati condannati e nessun responsabile di quegli omicidi è oggi più latitante.

Soprattutto quello in cui Battisti credeva e propagandava con le armi è stato sconfitto, questo è il messaggio che viene dal vento della Storia. È giusto che Battisti debba espiare, anche senza sconti, la pena che per tanti anni ha evitato. Ma forse sarebbe meglio trattarlo come un detenuto qualsiasi, anche per non parlarne più. Forse è meglio per tutti.

*Magistrato

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